Teoria e tecnica dei lavaggi nasali (come nasce un vendicatore)
Vorrei inaugurare questa nuova categoria – “Io me la cavo” – con uno degli argomenti su cui mi ritengo più ferrata.
Perché dopo 3 anni di lotte sanguinose, credo di essere una delle massime autorità in Italia in fatto di lavaggi nasali.
Mi riferisco a quella tortura quasi quotidiana che consiste nel lavare le fosse nasali del vostro pargoletto con soluzione fisiologica.
Come ben sapete, infatti, da alcuni anni fiorisce la moda fra i sadici pediatri di prescrivere inoculazioni di acqua e sale nelle narici dei bebè, perennemente mocciolose. Ciò al fine di sturare i mostruosi agglomerati, consentendo ai nasini raffreddati di respirare e riposare.
Ora, per effettuare un lavaggio nasale doc, occorre innanzitutto dotarsi degli armamenti: le fialette di fisiologica.
A dire il vero esistono anche i boccioni di soluzione, più economici ma meno pratici. Se volete usarli dovete infatti munirvi di una siringa. Chiaramente, il boccione è una categoria superiore: se le fialette sono i mitra, per intenderci, il boccione è il bazooka.
Ma iniziamo dalle fialette.
Dunque, la preparazione è facile.
Rompete il tappuccio della fialetta e assicuratevi di buttarlo nel secchio. Perché se finisce nella bocca di vostro figlio potrebbe farsi molto male.
Poi impugnate la fialetta.
Il manuale, a questo punto, prescrive che il pargolo si sdrai, rigorosamente senza cuscini.
La sua testa va fatta ruotare e appoggiata delicatamente su un lato.
E’ essenziale che la presa della fialetta sia ferma e decisa.
Infilare la sommità della fialetta nella narice più lontana dalla superficie d’appoggio. Tradotto: se è girato a sinistra la mettete nella narice destra.
Il getto va indirizzato verso l’orecchio (destro) e la fiala va svuotata con una certa energia perché possa più facilmente rimuovere le secrezioni. Poi ripetete dall’altra parte.
Effettuare a regola d’arte un lavaggio nasale non è facile ma c’è una prova del nove : se fatto correttamente, si dice, l’acqua dovrebbe uscire dalla narice opposta.
Fenomeno paranormale che alla sottoscritta non riusciva mai.
E che suscitava accese discussioni con mio marito sui possibili errori e le conseguenti strategie di miglioramento.
Lorenzino – ancora placido bebè – ascoltava sul fasciatoio lungo disteso come un pollo al mare. E talvolta emetteva un grugnito di disapprovazione o di noia.
Così la sua predisposizione naturale verso i lavaggi nasali, già molto scarsa alla nascita, è andata scemando nel corso dei mesi.
Complice anche quell’assai più sofisticato strumento di tortura che si chiama aspiratore nasale e che la sottoscritta associava al lavaggio per aspirare i mostri gialli nel nasino.
Perciò possiamo affermare senza indugi che le goccine di fisiologica abbiano fiaccato il bambino.
L’aspiratore l’ha definitivamente trasformato nel vendicatore nero.
Il vendicatore della Narhinel e compagnia bella.
Compreso tutto ciò che in modo più o meno preciso va infilato nel nasino (argotone, argento proteinato, antibiotici, unguenti e..vattelapesca).
Tenete conto che le narici dei vostri figlioletti sono veramente piccole.
Due forellini di pochi millimetri o giù di lì.
E che nemmeno San Gennaro riuscirebbe a infilarvi qualcosa senza l’aiuto di Nostro Signore e del bimbetto in questione.
Soprattutto di quest’ultimo.
Da quando Lorenzino lo ha capito non c’è stata più storia.
Solo fughe disperate. Contorsioni sui letti e sui divani. Calci sul setto nasale della sottoscritta. Dritti, rovesci e ganci. Fialette fiondate per ogni dove. Fialette bevute per sfregio. Pernacchie, sputi, grovigli di sudore e grida.
E infiniti discorsi, battibecchi, minacce, preghiere, suppliche.
Così siamo andati avanti (per modo di dire) fino all’avvento di quella maestosa e ingegnosa evoluzione dell’arte del lavaggio che chiamasi rinowash.
Un apparecchietto che si attacca all’aerosol e produce una doccia micronizzata direttamente nelle cavità nasali.
Meraviglia della tecnica per una fissata e drogata dei lavaggi come la sottoscritta.
Con mia grande sorpresa, l’esserino ribelle è sembrato più aperto verso il rinowash.
E mansueto mansueto si è lasciato irrigare il nasino senza protestare.
Immaginate la gioia mia, del padre, dei nonni e di tutto l’albero genealogico.
I regali subitamente acquistati, gli elogi sperticati.
Lui taceva. Infingardo.
Senza muovere paglia.
Finché un giorno qualunque ho avviato la lavatrice.
Sessanta gradi, capi colorati.
Nel silenzio tranquillo della mattina (Lorenzino era a scuola), è esplosa una bomba a mano.
Poi un’altra.
Poi un’altra.
Bom, bom, boromboooom.
Mi sono avvicinata alla lavatrice.
Sì, quei tonfi terribili provenivano da lì.
Da lì???
Ho spento.
Il sospetto cominciava a insinuarsi.
Ho cercato di guardare dentro.
Nell’ammasso di panni bagnati non si distingueva molto.
Qualche minuto di pazienza.
Il sospetto ora cresceva.
Il naso appiccicato all’oblò trasparente.
Ecco, finalmente si poteva aprire lo sportello.
Ho tirato fuori le lenzuola, le federe, la tovaglia.
Smucina smucina, ecco ciò che sospettavo.
Come quelle chiarissime intuizioni che ti capitano una volta nella vita.
Senza farsi vedere, il vendicatore lo aveva smontato.
In silenzio, con calma, con metodo.
Poi ne aveva accuratamente occultato i pezzi dentro la lavatrice.
E ora agonizzavano lì.
In un groviglio di calzini e mutande.
I brandelli del mio adorato rinowash.