Le cose più incredibili che ho fatto da quando sono mamma
Quante cose incredibili avete fatto da quando siete mamme?
Cose che non avreste mai pensato di volere, potere, riuscire a fare.
Vediamo. In ordine sparso.
Dormire con un occhio aperto e uno chiuso. SEMPRE.
Oppure dormire abbarbicate sulla sponda del vostro antico letto d’amore. Con un fagotto caldo e russante che vi spinge le sue ginocchia nello stomaco. Quando non piange.
Pulire montagne di cacca. E studiarla persino. Addirittura chiedere alle nonne di studiarla. E meraviglia, vedere che tuo marito si interessa all’argomento e, tornato a casa, ti chiede: “com’era la cacca?”
Lavare. Lavare. Lavare. Lavatrici sempre in movimento, mani sempre sotto l’acqua. Ceste piene di bavaglini, tutine, canottiere, pantaloncini sempre sporchi. Come se si moltiplicassero nella notte grazie a una fatina sadica. Per non parlare dei completini appena stirati e subito ‘battezzati’ dal vomitino che non perdona. Puntuale come un agente delle tasse. E dàgli a lavare!
Raccogliere pastina. Ovunque. Per terra, sul divano, sotto il letto, sotto la tua maglietta, nella tua borsa. Sì: ho trovato stelline pure dentro il portafogli. Tra i capelli. Nelle mutande!
Mangiare resti di paste stracotte, avanzi di fettine smozzicate, pezzi di biscotti sbavati, macedonie dove tuo figlio si è divertito a sputare l’acqua che aveva in bocca. O trovarsi costretta a ingurgitare il prosciutto di nascosto in cucina per evitare che lui se lo pappi tutto senza pietà.
Giocare. Con le costruzioni che non ho mai toccato da bambina. Con le auto telecomandate che mi hanno sempre annoiato. Con il minibasket, col meccano, coi pistoloni da cowboy. E, miracolo, appassionarsi come una pazza esaltata.
Impiccarsi nel seguire le istruzioni scritte da cinesini con le manine che avvitano bulloncini che neanche riesci a vedere (con gli occhiali). Fronteggiare urla assassine quando per sbaglio fai cadere una torre di Lego. Lavorare tutto il giorno, incazzarsi a morte con qualcuno e poi tornare a casa e buttarsi per terra a fare il mostro. E ridere forte, di gusto, senza più pensieri. Mandando il mondo a quel paese (in silenzio).
Prendersi sputacchi, schiaffi, calcioni rotanti, pedate con le scarpe e senza scarpe, testate, pizzichi, brutti graffi in faccia. Sentirsi chiamare “mamma brutta cattiva polla gallina tacchina”. Ricevere minacce del tipo: “se mi dai gli spinaci, scappo di casa”, “se mi metti la tuta grigia, vado a vivere coi nonni”, “se non mi portate a Gardaland, cambio genitori”. E dimenticarsene dopo un millesimo di secondo.
Rincorrere. Pregare. Implorare. Stanare sotto il letto, sotto le sedie, dentro l’armadio. Pulire sciroppi appicicosi per terra, sui cuscini, sulle lenzuola. O sputati direttamente sulla tua faccia. Promettere macchine, pupazzi, piste, giochi e balocchi di ogni tipo purché prenda l’antibiotico.
Contrattare. Su tutto. In ogni momento. Manco fossi al bazar di Tunisi. Affinare tecniche di distrazione e persuasione, inventarsi storie incredibili per convincerlo di qualcosa o panzane da vergognarsi per farlo ubbidire.
Andare al bagno sempre con la porta aperta. Fare la doccia mentre chiedi “che fai, dove stai?” (e lui ovviamente non risponde mai mentre senti botti pazzeschi). Non trovare più i tuoi trucchi Dior perché lui li ha tirati sotto i mobili o li ha spaccati contro un vetro. Constatare che il tuo nuovo tavolo da pranzo è pieno di morsi e…rimanere impassibile.
Non mettersi più i tacchi da 3 anni. Non uscire più con un’amica da sole. Non andare piu al cinema, a un concerto, a teatro. Guardare in tv solo Masha e Orso, Paw Patrol o Blaze (o le partite). Trovarsi costretti a mandare ossessivamente avanti e indietro i cartoni su Netflix “perché questo episodio non mi piace”. Sorbirsi ore di macchinine colorate che si rovesciano in piscine piene di palline su YouTube.
Sentirsi chiamare 100 volte al giorno e con veemenza specie quando sei al telefono o parli con un cristiano che abbia più di 36 mesi. Andare a cena fuori con amici e ritrovarsi a rincorrere un bambino sul marciapiedi buio. Prendere un taxi e sentire tuo figlio che, improvvisamente, se ne esce: “cammina, stronzo!”.
Ricevere una gran quantità di consigli non richiesti. E che ti mettono il panico. O ti fanno venire l’esaurimento. O ti fanno cadere i capelli per 18 mesi. Navigare come una disperata su Google per sapere come si somministra la polvere di Bactoblis sulle gengive o come rispondere quando ti spara con la pistola finta mentre ti dice “mamma via, voglio solo la mia nonna!”.
Sembrare (essere!) una donna delle caverne che non si fa più i capelli, non si fa un bagno in santa pace, non si compra più un vestito, non si mette più lo smalto, non si toglie più di dosso quella vaga puzza di borotalco e cacchette.
L’elenco potrebbe andare avanti ancora a lungo. Ma scrivere un post mentre tuo figlio ti salta sulle ginocchia, ti tira la maglietta, si aggrappa alle tue braccia, ti ruba la custodia del computer o fa il pianista sulla tastiera pur di disturbarti è troppo anche per me.
E poi la cosa più incredibile è un’altra ancora.
Mai avrei pensato che avere un bimbo significasse (anche) tutto questo.
La vera follia è che noi mamme lo rifaremmo ancora. E ancora.